Eccoci qui per proporvi e rispondere alcune domande sulla nostra iniziativa di proposta referendaria per l’uscita dall’euro.
1. Perché potrebbe essere conveniente per l’Italia lasciare l’Euro?
Dal 1997, quando l’Italia rivalutò la lira per agganciarla all’ECU (condizione neccessaria per l’ingresso nell’euro nel 2001) la produzione industriale italiana è scesa del 25%. Nello stesso arco di tempo la produzione industriale della Germania è aumentata del 26%.
Alla perdita di ricchezza si aggiunge la perdita di competenze delle nostre imprese, la perdita di competitività, di prestigio. Tutto questo porta ad un PIL in caduta libera, un tessuto industriale devastato, una disoccupazione alle stelle, lavoratori non specializzati e salari da fame.
In una situazione di questo tipo e senza la possibilità di stampare moneta o di appoggiarsi ad una Banca Centrale nazionale come fanno tutti gli stati nel mondo lo Stato può agire solo in due modi:
– Aumentare le imposte su cittadini e imprese per reperire le risorse necessarie a ripagare i crescenti interessi sul debito con conseguente peggioramento della recessione economica così come sta puntualmente avvenendo.
– Incrementare ulteriormente il debito pubblico: con la conseguenza di tappare il buco nel breve periodo ma ritrovandosi con un aumento del debito già considerato a livelli insostenibili (136% del PIL) e da maggiori interessi sul debito da pagare l’anno successivo, sforando quindi ogni parametro deficit/pil concordato con l’Unione Europea.
2. Se uscissimo dall’Euro aumenterebbe lo spread tra titoli di stato italiani e titoli tedeschi?
In questo caso lo spread sarebbe tenuto sotto controllo dal fatto di avere la Banca d’Italia che opera come prestatore di ultima istanza, in grado quindi di calmierare i tassi di interesse dei titoli pubblici che avrebbero sempre un compratore disponibile a sottoscriverne una quantità illimitata tale in ogni caso da scoraggiare azioni speculative provenienti dai mercati finanziari internazionali.
Oggi la Banca Centrale Europea agisce invece in modo indiretto delegando al sistema bancario (al quale viene concessa liquidità a costo irrisorio) il compito di sottoscrivere i titoli di debito italiani allo scopo di calmierare i tassi di interesse. Il risultato di questa politica è la stretta creditizia che vede crescere quotidianamente le difficoltà per una piccola e media impresa o per il cittadino di ottenere un prestito od un mutuo presso la propria banca. Le risorse vengono dirottate sui titoli del debito pubblico invece che verso il rilancio dell’economia reale.
Un altro vantaggio legato alla potenziale uscita dall’Euro sarebbe legato al nuovo tasso di cambio. Quando il cambio si riallinea ai fondamentali di un Paese, l’economia riparte e le imprese ripartono, come è successo in Italia nel 1992. Il costo variabile di produzione più rilevante è in molti casi quello del lavoro, che normalmente si allinea all’inflazione importata con un certo ritardo. Se il Paese svaluta del 20%, gli acquirenti esteri ricevono uno sconto del 20% subito e quindi ricominciano a comprare incrementando il fatturato delle aziende. Per l’impresa, invece i costi non aumentano subito e molto meno del 20% dato che la componente di import sul costo del venduto è di norma minoritaria (in particolare rispetto al costo del lavoro). La svalutazione del cambio (svalutazione esterna) ha effetti uniformi su tutti i cittadini (ugualmente colpiti dall’eventuale inflazione importata) e rilancia la domanda estera.
3. C’è il pericolo che l’uscita dall’Euro determini una svalutazione dei patrimoni dei cittadini e un incremento dell’inflazione?
L’euro è stato svalutato del 10% rispetto al dollaro durante l’estate 2014, ma nessuno ha visto il suo patrimonio decurtato o la sua capacità di spesa limitata. Questo perché se la moneta che si possiede è quella usata dove si vive il suo valore rispetto ad altre valute non è importante per la spesa corrente. L’unico caso di similitudine tra sovranità monetaria a patrimoniale è qualora il ritorno alla lira avesse forti impatti sull’inflazione che andassero ad erodere il potere d’acquisto. Questo non sarà il caso perché in Italia oggi soffriamo del problema opposto, la deflazione.
4. Con la moneta svalutata aumenterebbe il costo dei beni importati dall’estero?
Il costo delle materie prime come il petrolio, incide solo in piccola parte sui prezzi al consumo. Basta tenere conto che il 52% del prezzo di gasolio e benzina alla pompa è determinato da imposte statali e accise senza contare i ricarichi delle compagnie petrolifere e dei distributori al dettaglio che si vanno ad aggiungere. Per questo motivo quando il prezzo della materie prime si riduce (come sta accadendo in questi mesi per il petrolio) solitamente il consumatore non riscontra delle sostanziali riduzioni del prezzo del carburante.
5. La disoccupazione aumenterebbe con l’Italia fuori dall’Euro?
L’effetto per l’economia italiana sarebbe al contrario molto positivo dato che il consumatore italiano e internazionale sarebbe incentivato all’acquisto di beni prodotti in Italia che potrebbero vedere acquistare un vantaggio competitivo rispetto ai prodotti importati ad esempio dalla Germania o dalla Francia. Questo effetto porterebbe ad un incremento immediato degli investimenti, della produzione industriale/agricola in Italia con conseguente aumento di occupazione/salari dei dipendenti rimettendo in moto il sistema economico.
6. Se ho un mutuo rischio di vedere il mio debito incrementato con il passaggio alla nuova moneta?
No, perché il mutuo sarebbe rinominato nella nuova moneta con un cambio iniziale di 1 a 1. Se ho 100.000 Euro di mutuo, resteranno tali ma rinominati nella nuova moneta. Nulla cambierebbe così come non cambierebbero gli stipendi rinominati nalla nuova moneta con cambio 1 a 1.
7. Fare il referendum per uscire dall’Euro è troppo complicato e ci vuole troppo tempo. Meglio trovare altre strade.
Al momento questa è l’unica strada per poter procedere dato che i partiti che governano attualmente sono contrari all’uscita dell’Italia dall’Euro. Altri modi per uscire dalla moneta unica potrebbero essere adottati solo se il Movimento a 5 Stelle fosse al governo.
Quindi, cosa aspettate, venite a firmare!
Se invece non siete ancora convinti vi invitiamo a visitare la pagina ufficiale della proposta referendaria: www.beppegrillo.it/fuoridalleuro/